Pandemia COVID-19: le differenze di genere, i vaccini e il ciclo mestruale

La pandemia da COVID-19 ha rivelato come il sesso biologico (assegnato alla nascita) e il genere (l’insieme dei ruoli, dei diritti e dei doveri assegnati all’uomo e alla donna secondo una determinata cultura) siano correlati a disuguaglianze in salute profondamente strutturate.

Il sesso e il genere, sebbene si siano dimostrati fin da subito capaci di influenzare il rischio di infezione, la vulnerabilità alla malattia e l’esperienza dei sintomi, soltanto in pochissimi casi sono stati tenuti in considerazione come determinanti di salute negli studi scientifici durante la pandemia da COVID-19.

Già normalmente, in ambito di ricerca scientifica, i dati sul sesso femminile e, ancora di più, i dati suddivisi (disaggregati) per genere sono mancanti o sottorappresentati, questo anche perché, storicamente, il soggetto di sesso maschile (soprattutto di etnia bianca e cis-gender) è considerato come unico soggetto “biologico” di riferimento.

Il dosaggio dei vaccini, per esempio, viene determinato in base a questo tipo di soggetti studiati, senza che sia presa in considerazione la necessità di confermare se questo dosaggio sia ottimale anche per il corpo femminile, sebbene le donne abbiano una maggiore produzione di anticorpi rispetto agli uomini.

Le donne inoltre hanno un rischio maggiore di reazioni allergiche ai vaccini, anche gravi [1]. Dall’ultimo report dell’Agenzia Italiana per il Farmaco (AIFA) è inoltre emerso che il 78% delle segnalazioni per effetti collaterali del vaccino per il SARS-CoV-2 proviene da donne [2]. Se da un lato le donne potrebbero essere più propense degli uomini a segnalare un effetto avverso, dall’altro questo dato non può certamente essere ignorato.

Nonostante questo e sebbene, fin dall’inizio della campagna vaccinale, la sicurezza, le controindicazioni e gli effetti dei vaccini anti COVID-19 sui vari apparati e sistemi del nostro corpo siano stati costantemente oggetto di studio e di discussione, negli studi scientifici recentemente condotti spesso mancano dati equamente raccolti e disaggregati per sesso e genere, rendendo difficile conoscere le possibili differenze nell’adesione alla campagna vaccinale, nella frequenza e severità delle reazioni avverse [3]. 

Ad esempio, lo studio del vaccino Oxford-AstraZeneca pubblicato sul Lancet, riporta la proporzione di maschi e femmine ma non fornisce dati sull’efficacia sugli eventi avversi differenziati per sesso [4]. Invece, lo studio del vaccino Pfizer-BioNTech, pubblicato sul New England Journal of Medicine, riporta dati differenziati per sesso riguardo l’efficacia, ma non per gli effetti avversi [5]. Senza contare che per le persone intersex e transgender non esistono studi specifici e ulteriori ricerche sono necessarie per avere dati di sicurezza ed efficacia [3].

Inoltre, gli effetti dei nuovi vaccini sull’organismo femminile sono stati considerati solo in riferimento alle donne in gravidanza e al feto, trascurando di fatto tutti gli altri aspetti della salute della donna.

Il primo articolo riguardo la correlazione tra vaccino anti-COVID-19 e ciclo mestruale è stato pubblicato appena il 5 Gennaio 2022, ad un anno dall’inizio della campagna vaccinale. Che il ciclo mestruale potesse essere influenzato dal vaccino era un dato già ipotizzato prima della pubblicazione a seguito delle numerose segnalazioni delle donne vaccinate, eppure il sospetto non era mai stato tradotto in quesito di ricerca prima d’ora [6]. Lo studio, con a capo la Dott.ssa Alison Edelman del dipartimento di Ginecologia e Ostetricia di Portland, in Oregon, ha seguito 3959 donne che avevano utilizzato l’applicazione della Food and Drug Administration, Natural Cycle, per monitorare la fertilità e il ciclo mestruale. Le donne sono state divise in due gruppi - vaccinate e non vaccinate - e i dati provenienti dalla app riguardo il ciclo mestruale sono stati messi a confronto per indagare se vi fossero differenze fra i due gruppi. Le analisi hanno evidenziato che tra le donne vaccinate si è verificata un’alterazione della durata del ciclo mestruale pari a meno di un giorno (in media) rispetto ai cicli precedenti, un risultato rassicurante che contribuisce a supportare la sicurezza dei vaccini anche in riferimento al ciclo mestruale.

Lo studio si configura come la prima indagine che, in modo rigoroso e riproducibile, offre evidenze in merito agli effetti delle vaccinazioni sulla salute riproduttiva della donna, diventando di fatto sia un primo riferimento sia un punto di partenza per successive ricerche. Infatti, ulteriori studi sarebbero utili per approfondire il tema, anche alla luce dei limiti della ricerca sopracitata: il campione preso in esame infatti è poco numeroso e sono state escluse le donne già affette da alterazioni del ciclo mestruale, come ad esempio la sindrome dell’ovaio policistico e l’endometriosi. Inoltre, lo studio si è concentrato solo sulla lunghezza del ciclo, (l’intervallo dei giorni tra una mestruazione e quella successiva), ma ci sono altri aspetti che meriterebbero di essere indagati, come eventuali alterazioni della durata e dell’entità del sanguinamento della singola mestruazione, il verificarsi di episodi di spotting, inusuali sintomi associati.
Se le conclusioni dello studio sono rassicuranti, non possiamo dire lo stesso sul fatto che a più di un anno dall’avvio della campagna vaccinale sia stato pubblicato un unico studio che indaga la correlazione tra vaccini e salute riproduttiva della donna.
Infatti, sebbene il ciclo mestruale sia un evento fisiologico che interessa una larghissima fascia di popolazione e sia rilevante nella vita quotidiana delle persone, ben poco interesse è stato rivolto ai possibili effetti che le vaccinazioni avrebbero potuto avere su di esso.

Questa mancanza di ricerche ed evidenze può essere considerata come un’espressione del “gender bias”, un fenomeno che conduce a distorsioni in ambito di ricerca legato a stereotipi e norme di genere interiorizzate dal sistema accademico e che porta a ignorare o a misconoscere importanti evidenze riguardo la salute della donna e delle minoranze di genere.

Vaccinarsi è sicuro ed è una delle migliori armi che abbiamo per affrontare questa pandemia: anche nella vaccinazione tuttavia possiamo lavorare per aumentare l’equità e l’appropriatezza e in questo l’inclusione del sesso e del genere negli studi e nelle politiche è imprescindibile.


Fonti / Bibliografia
  1. Heidari S, Durrheim DN, Faden R, et alTime for action: towards an intersectional gender approach to COVID-19 vaccine development and deployment that leaves no one behind, BMJ Global Health 2021; 6:e006854.

  2. COVID-19 Vaccine Surveillance Report https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1315190/Rapporto_sorveglianza_vaccini_COVID-19_9_EN.pdf (accessed 21 February 2022)

  3. Heidari S, Goodman T, CRITICAL SEX AND GENDER CONSIDERATIONS FOR EQUITABLE RESEARCH, DEVELOPMENT AND DELIVERY OF COVID-19 VACCINES BACKGROUND PAPER, WHO Reviewed by SAGE COVID-19 Working Group (presentation 14 January 2021) and SAGE Final Version 19 April 2021.

  4. Voysey M, Clemens SAC, Madhi SA, et al. Safety and efficacy of the ChAdOx1 nCoV-19 vaccine (AZD1222) against SARS-CoV-2: an interim analysis of four randomised controlled trials in Brazil, South Africa, and the UK [published correction appears in Lancet. 2021 Jan 9;397(10269):98]. Lancet. 2021;397(10269):99-111. doi:10.1016/S0140-6736(20)32661-1

  5. Polack FP, Thomas SJ, Kitchin N, et al. Safety and Efficacy of the BNT162b2 mRNA Covid-19 Vaccine. N Engl J Med. 2020;383(27):2603-2615. doi:10.1056/NEJMoa2034577

  6. Edelman, Alison MD, MPH; Boniface, Emily R. MPH; Benhar, Eleonora PhD; Han, Leo MD, MPH; Matteson, Kristen A. MD, MPH; Favaro, Carlotta PhD; Pearson, Jack T. PhD; Darney, Blair G. PhD, MPH Association Between Menstrual Cycle Length and Coronavirus Disease 2019 (COVID-19) Vaccination, Obstetrics & Gynecology: January 5, 2022 doi: 10.1097/AOG.0000000000004695

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